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sabato 24 settembre 2016

giovedì 15 settembre 2016

il battipanni e la bacchetta


Gentilissima Stefania, seguo il tuo blog con attenzione e apprezzo il garbo con cui parli anche di argomenti delicati. Io non sono molto brava nella scrittura, ma vorrei raccontarti un'esperienza che sto vivendo.  Vista la tua sensibilità, penso che possa interessarti e ti autorizzo, se vuoi, a pubblicare questo testo.

Ho conosciuto, in modo abbastanza casuale, una signora che ha la passione della severità.
In un elegante palazzo d'uffici che si trova a poca distanza dal Duomo ha arredato un piccolo studio nel quale riceve, con estrema discrezione, amiche che desiderano le sue attenzioni.
Ti racconto, cara Stefania, che cosa è accaduto pochi giorni fa.

Le telefono, come faccio circa una volta al mese, chiedendole un incontro. Me lo fissa per il giorno dopo.
Questo è il momento per me più emozionante: comincio a sentire un vuoto nello stomaco, l'appuntamento diventa il mio pensiero dominante, che non mi abbandona neanche mentre sto discutendo con i colleghi o rispondo alle telefonate dei clienti.
Ed arriva finalmente il momento. Avverto la segreteria che devo uscire per un paio d'ore e che non sarò reperibile al cellulare poichè devo discutere su un importante contratto. A piedi vado verso lo studio della signora. Cammino lentamente per gustare il tempo che mi separa dall'incontro. Abitualmente mi vesto con molta cura, ma oggi ho voluto aggiungete al tailleur di lino dei sandali a tacco alto. So che la signora è molto sensibile alle apparenze e non vorrei innervosirla più del necessario.  Eccomi finalmente di fronte all'elegante portoncino in ferro battuto con luccicanti decorazioni d'ottone.
Sono quasi le 15. Potrebbe essere una buona idea quella di arrivare con un lieve ritardo, visto che la signora nutre una vera passione per la puntualità. 



Ancora qualche passo sotto i portici, osservo qualche vetrina di boutique...  Sei minuti di ritardo, è la misura giusta.  Suono.
- Chi è?
- Ho appuntamento per le 15.
La serratura scatta. 

L'androne è fresco, in ombra, il pavimento lucidato tutti i giorni profuma di cera. Mi fermo davanti alla porta di legno scolpito. Sto che mi sta guardando grazie ad una piccola telecamera,  apre lentamente la porta. Indossa una stupenda vestaglia di seta ricamata; i suoi piedi sono nudi, infilati in pianelle dal tacco alto, le unghie sono lunghe e laccate con uno smalto chiaro.
Mi fissa con aria severa:
- Sai che detesto i ritardi!
Fingo di guardare con attenzione l'orologio, di accorgermi solo adesso del  mio ritardo:
- Beh sono cinque minuti, non è la fine del mondo!
- Ah fai pure la spiritosa! Adesso vedrai come ti faccio ridere!

Come d'abitudine, mi precede in un salottino e mi fa sedere sul divano.
Apre un armadietto di legno intarsiato, ne estrae un piccolo battipanni di vimini intrecciato. Parla lentamente a voce bassa:
- Fra poco parleremo di cose serie: per ora risolviamo il problema della tua puntualità... dunque sei arrivata con sette minuti di ritardo... sono quattordici colpi... ne aggiungiamo tre per la tua insolenza... in tutto diciassette: avanti mettiti in posizione!
Balbetto:
- Beh signora mi sembra una punizione molto dura, magari potrebbe farmi un piccolo sconto...
- Non sai neanche assumerti le tue responsabilità, quindi aggiungiamo altri tre colpi!
Era quello che mi aspettavo.
Mi alzo, in silenzio deposito sul divano la giacca del tailleur, lascio scivolare sul tappeto la gonna, mi sfilo le decolleté restando a piedi nudi. Prevedendo la situazione, questa mattina ho indossato un tanga che lascia le natiche completamente scoperte.  Mi appoggio ad un bracciolo del divano. Sento che la signora si muove lentamente dietro di me. Prendo fiato, in attesa del sibilo del battipanni.
Ed eccolo, un fruscio acuto che termina con uno schiocco e una vampata di dolore. Sussulto, sospiro. Respiro forte, in attesa del secondo colpo. Qualche secondo. Ancora il bruciore. E ancora, ancora... ho perso ormai il conto.
- Brava, hai sopportato bene la punizione - mormora la signora.
Con il dorso della mano mi stropiccio gli occhi umidi di lacrime. Mi rialzo.
- Rivestiti.
- Grazie, signora.
- Adesso parliamo di cose serie! Ho consultato il mio diario - mi dice - e ho visto che ultimamente mi avevi promesso che saresti dimagrita: mi pare che, al contrario, tu ti sia arrotondata ancora di più.
- Ha ragione, in questi giorni ho preso quasi due kg, ma sa che i miei impegni non mi danno il tempo di frequentare palestre o andare a correre nei parchi...
- Quando si vuole, il tempo si trova. La verità è che sei pigra.

A questo punto il mio stomaco comincia a fare le capriole. Mormoro:
- Sono disposta ad accettare qualunque sua decisione.
- L'ultima volta che ci siamo viste ti avevo avvertita che sarei stata severa.
- Si mi aveva minacciata di bacchettarmi
- Bene è tempo di mantenere la promessa! Facciamo qualche calcolo: dieci colpi te li avevo promessi se il tuo peso non fosse diminuito, ma è addirittura aumentato, quindi ai dieci colpi ne aggiungiamo altri venti. In tutto trenta colpi che come al solito riceverai senza protestare e senza lamentarti, anzi ringraziandomi...
Apre il cassetto di una ribaltina:
- Scegli tu la bacchetta che preferisci.
Ne vedo molte, di legni diversi. Le esamino con attenzione. Ce n'è una molto sottile, flessibile.
La agito nell'aria. sibila a meraviglia.  La porgo alla signora.. Mi sorride, con quel suo sorriso lieve, dietro il quale si intuisce la severità:
- Hai scelto bene!
- Grazie signora, sono contenta che lei approvi

Mi prende la bacchetta di mano.
- Allora fa vedere queste mani con cui ti ingozzi di biscottini zuccherati. Distendile con i palmi bene in vista!
- Si signora.
Mi fa aspettare. Sa quanto sia importante l'attesa. Solleva lentamente la bacchetta, poi, fulmineamente, con forza, la abbatte sul palmo della mano destra. Non riesco a trattenere un grido di dolore.
La sua voce è gelida:
-  Sai benissimo che non devi lamentarti, questo colpo non conta... avanti distendi le mani!
Tremando offro le mani. La bacchetta colpisce. Mi mordo le labbra, riesco a mormorare:
- Uno, grazie signora...
Ancora il sibilo, il dolore che fulmineamente risale lungo il braccio...
- Due, grazie signora...
- Tre, grazie signora...
- Quattro, grazie signora...
- Cinque, grazie signora...
E poi ancora, ancora. La signora alterna le bacchettate sulla mano destra e sulla sinistra. Ormai le lacrime sgorgano senza freno, ma riesco a tenere le mani tese verso la bacchetta che colpisce senza pietà. Riesco infine a mormorare:
- Trenta, grazie signora.
- Brava, vedo che sei sempre coraggiosa... da adesso, ogni volta che la tua mano si allungherà verso un dolce ricorderai quanto brucia la bacchetta!
- Si signora, penso proprio che la punizione sarà utile.
Sorride lievemente:
- Adesso ti preparo un caffè e ti rimetti in sesto, non vorrai uscire con gli occhi rossi.
- Grazie, signora...
Non resisto alla tentazione di prenderle la mano destra e baciarla. E comincio a pensare al prossimo appuntamento... fra un mese. 




punita con il frustino






Passeggio per i corridoi di un grande magazzino di articoli sportivi. In realtà la t-shirt che cercavo l'ho trovata, ma è grande la tentazione di vagare fra scarponcini da trekking, costumi da bagno, racchette da tennis, sognando (e si tratta davvero di un sogno), di avere tempo voglia e capacità di praticare tutti gli sport.
Ed eccomi nella zona dell'equitazione. Pantaloni aderenti, bellissimi stivali di morbido e profumato cuoio, e allineati su un apposito espositore, tanti frustini. Ce ne saranno almeno dieci modelli, alcuni corti e sottili, altri lunghi, massicci...
Dallo scaffale ne prendo uno, leggero e flessibile, lo agito nell'aria, lo faccio sibilare... poi, obbedendo a un impulso imprevedibile, lo deposito nel carrellino. 
Non che cosa ne farò, ma ho deciso di acquistarlo.
All'improvviso, dietro di me, una voce:
- I cavalli non si costringono con la paura, ma si guidano con l'amore.
Mi volto. Una ragazza con dolcissimi occhi grigio-azzurri. L'avevo già notata nella zona delle tende da campeggio. Le sorrido:
- Hai ragione, ma in questo momento non pensavo a un cavallo... pensavo a me stessa.
Inarca le sopracciglia, stupita, ma subito trasforma lo stupore in un sorriso:
- Sei sempre così severa con te stessa?
- Beh, temo che la risposta sarebbe lunga e complicata, non voglio farti perdere tempo...
- Oggi miracolosamente, ho tanto tempo a disposizione e magari potrei aiutarti; a proposito, scusami se non te l'ho ancora detto, mi chiamo Claire...
- Sono lieta di conoscerti, io sono Stefania.
Per un attimo mi chiedo per quale motivo dovrei fidarmi di una persona incontrata per puro caso, della quale non so assolutamente nulla, ma c'è qualcosa di così dolce, di così pulito in quegli occhi, in quel sorriso! 
Continuiamo a passeggiare insieme, e scopriamo, chiacchierando a ruota libera, di avere in comune sentimenti, interessi, atteggiamenti, desideri. Decidiamo di fermarci per pranzo nel piccolo self service del cenro commerciale.
Non smetteremmo mai di parlare ma i miei impegni incalzano...
Più coraggiosa di me, Claire dice quel che vorrei dire io:
- Quando ci vediamo? Sei libera sabato?
- Certo che sono libera e se non lo fossi mi libererei!
Una veloce risata, un abbraccio, ci vedremo da me, sabato pomeriggio.

Ed eccoci, finalmente, davvero insieme. Ho preparato una cenetta come piace a me. Tanti piattini diversi, curiosi, fantasiosi. A un certo punto Claire mi dice qualcosa che mi colpisce molto:
- Mi sembra di averti sempre conosciuta, con te mi sento a mio agio come mai mi era capitato in vita mia..
La abbraccio. Ci baciamo con passione, con trasporto, con la gioia di chi ha avuto un regalo del tutto inaspettato... e scopre che si tratta di ciò che aspettava da tutta la vita.
Ma nel mio cuore c'è ancora un'ombra, difficile da cancellare. Ne devo parlare con Claire, non posso farne a meno. Prima ancora che io mi decida, è Claire che mi interroga:
- C'è qualcosa che ti tormenta. Vuoi parlarne con me?
- Mi sembra che la mia felicità sia ingiusta: non riesco a dimenticare di aver fatto tanto male a una persona, una persona che oggi non c'è più, e quindi non posso chiederle di perdonarmi. Ma ogni volta che sento la felicità invadermi, mi assale il rimorso... vorrei chiederti... di punirmi... severamente...
- E' il problema di cui parlavi due giorni fa, quando ci siamo conosciute?
- Si, è proprio quello...
- Dimmi tu che cosa devo fare, dimmi che cosa desideri...
- Ti ricordi che ho comprato quel frustino?
- Si, certo!
- Vieni, ti prego...
La precedo in camera, apro un cassetto in cui tengo la biancheria intimo ne estraggo il frustino, glielo porgo. Claire mi fissa, attenta, seria.
Mi sfilo la vestaglietta che tengo abitualmente in casa, mi sfilo le pantofole. A piedi nudi mi avvicino ad una poltroncina che si trova di fianco al letto, lascio scivolare le mutandine fino alle ginocchia. Mi appoggio ai braccioli, chinandomi in avanti. Claire ha capito che cosa le chiedo. Si pone presso il mio fianco sinistro, la sua mano solleva lentamente il frustino.
Esita.
L'attesa mi sembra eterna.
Trattengo il fiato.
Un sibilo. Istintivamente mi contraggo. Uno schiocco secco.
Sospiro. Sento che ancora il braccio di Claire si alza. Ancora il bruciore acuto. Resto immobile, in attesa. Claire colpisce ancora e ancora. Sa che non si tratta di un gioco. Colpisce senza pietà.
Il mio respiro prende il ritmo delle frustate, che ora si susseguone regolarmente. Non le conto. Forse venti, forse trenta.
Claire si è fermata. Mormoro:
- Ancora, ti prego.
Il frustino colpisce. Più seccamente. Più velocemente.
Mi inarco, offro le mie natiche, le lacrime colano copiosamente dai miei occhi, è un pianto liberatorio.
Sento la voce spezzata di Claire:
- Adesso basta...
Capisco che sta soffrendo, forse più di me.
Ci abbracciamo, con una passione delirante.
Dopo l'amore, dormo come da anni non mi succedeva