Gentilissima Stefania, seguo il tuo blog con attenzione e apprezzo
il garbo con cui parli anche di argomenti delicati. Io non sono molto brava
nella scrittura, ma vorrei raccontarti un'esperienza che sto vivendo.
Vista la tua sensibilità, penso che possa interessarti e ti autorizzo, se vuoi,
a pubblicare questo testo.
Ho conosciuto, in
modo abbastanza casuale, una signora che ha la passione della severità.
In un elegante
palazzo d'uffici che si trova a poca distanza dal Duomo ha arredato un piccolo
studio nel quale riceve, con estrema discrezione, amiche che desiderano le sue
attenzioni.
Ti racconto, cara
Stefania, che cosa è accaduto pochi giorni fa.
Le telefono, come faccio circa una volta al mese, chiedendole un incontro. Me lo fissa per il giorno dopo.
Questo è il
momento per me più emozionante: comincio a sentire un vuoto nello stomaco,
l'appuntamento diventa il mio pensiero dominante, che non mi abbandona neanche
mentre sto discutendo con i colleghi o rispondo alle telefonate dei clienti.
Sono quasi le 15.
Potrebbe essere una buona idea quella di arrivare con un lieve ritardo, visto
che la signora nutre una vera passione per la puntualità.
Ancora qualche passo sotto i portici, osservo qualche vetrina di boutique... Sei minuti di ritardo, è la misura giusta. Suono.
Ancora qualche passo sotto i portici, osservo qualche vetrina di boutique... Sei minuti di ritardo, è la misura giusta. Suono.
- Chi è?
- Ho appuntamento
per le 15.
La serratura
scatta.
L'androne è fresco, in ombra, il pavimento lucidato tutti i giorni profuma di cera. Mi fermo davanti alla porta di legno scolpito. Sto che mi sta guardando grazie ad una piccola telecamera, apre lentamente la porta. Indossa una stupenda vestaglia di seta ricamata; i suoi piedi sono nudi, infilati in pianelle dal tacco alto, le unghie sono lunghe e laccate con uno smalto chiaro.
L'androne è fresco, in ombra, il pavimento lucidato tutti i giorni profuma di cera. Mi fermo davanti alla porta di legno scolpito. Sto che mi sta guardando grazie ad una piccola telecamera, apre lentamente la porta. Indossa una stupenda vestaglia di seta ricamata; i suoi piedi sono nudi, infilati in pianelle dal tacco alto, le unghie sono lunghe e laccate con uno smalto chiaro.
Mi fissa con aria
severa:
- Sai che detesto
i ritardi!
Fingo di guardare
con attenzione l'orologio, di accorgermi solo adesso del mio ritardo:
- Beh sono cinque
minuti, non è la fine del mondo!
- Ah fai pure la
spiritosa! Adesso vedrai come ti faccio ridere!
Come d'abitudine, mi precede in un salottino e mi fa sedere sul divano.
Apre un armadietto
di legno intarsiato, ne estrae un piccolo battipanni di vimini intrecciato.
Parla lentamente a voce bassa:
- Fra poco
parleremo di cose serie: per ora risolviamo il problema della tua puntualità...
dunque sei arrivata con sette minuti di ritardo... sono quattordici colpi... ne
aggiungiamo tre per la tua insolenza... in tutto diciassette: avanti mettiti in
posizione!
Balbetto:
- Beh signora mi
sembra una punizione molto dura, magari potrebbe farmi un piccolo sconto...
- Non sai neanche
assumerti le tue responsabilità, quindi aggiungiamo altri tre colpi!
Era quello che mi
aspettavo.
Mi alzo, in
silenzio deposito sul divano la giacca del tailleur, lascio scivolare sul
tappeto la gonna, mi sfilo le decolleté restando a piedi nudi. Prevedendo la
situazione, questa mattina ho indossato un tanga che lascia le natiche
completamente scoperte. Mi appoggio ad un bracciolo del divano. Sento che
la signora si muove lentamente dietro di me. Prendo fiato, in attesa del sibilo
del battipanni.
Ed eccolo, un
fruscio acuto che termina con uno schiocco e una vampata di dolore. Sussulto,
sospiro. Respiro forte, in attesa del secondo colpo. Qualche secondo. Ancora il
bruciore. E ancora, ancora... ho perso ormai il conto.
- Brava, hai
sopportato bene la punizione - mormora la signora.
Con il dorso della
mano mi stropiccio gli occhi umidi di lacrime. Mi rialzo.
- Rivestiti.
- Grazie, signora.
- Adesso parliamo
di cose serie! Ho consultato il mio diario - mi dice - e ho visto che
ultimamente mi avevi promesso che saresti dimagrita: mi pare che, al contrario,
tu ti sia arrotondata ancora di più.
- Ha ragione, in
questi giorni ho preso quasi due kg, ma sa che i miei impegni non mi danno il
tempo di frequentare palestre o andare a correre nei parchi...
- Quando si vuole,
il tempo si trova. La verità è che sei pigra.
A questo punto il mio stomaco comincia a fare le capriole. Mormoro:
- Sono disposta ad
accettare qualunque sua decisione.
- L'ultima volta
che ci siamo viste ti avevo avvertita che sarei stata severa.
- Si mi aveva
minacciata di bacchettarmi
- Bene è tempo di
mantenere la promessa! Facciamo qualche calcolo: dieci colpi te li avevo promessi
se il tuo peso non fosse diminuito, ma è addirittura aumentato, quindi ai dieci
colpi ne aggiungiamo altri venti. In tutto trenta colpi che come al solito
riceverai senza protestare e senza lamentarti, anzi ringraziandomi...
Apre il cassetto
di una ribaltina:
- Scegli tu la
bacchetta che preferisci.
Ne vedo molte, di
legni diversi. Le esamino con attenzione. Ce n'è una molto sottile, flessibile.
La agito
nell'aria. sibila a meraviglia. La porgo alla signora.. Mi sorride, con
quel suo sorriso lieve, dietro il quale si intuisce la severità:
- Hai scelto bene!
- Grazie signora,
sono contenta che lei approvi
Mi prende la bacchetta di mano.
- Allora fa vedere
queste mani con cui ti ingozzi di biscottini zuccherati. Distendile con i palmi
bene in vista!
- Si signora.
Mi fa aspettare.
Sa quanto sia importante l'attesa. Solleva lentamente la bacchetta, poi,
fulmineamente, con forza, la abbatte sul palmo della mano destra. Non riesco a
trattenere un grido di dolore.
La sua voce è
gelida:
- Sai
benissimo che non devi lamentarti, questo colpo non conta... avanti distendi le
mani!
Tremando offro le
mani. La bacchetta colpisce. Mi mordo le labbra, riesco a mormorare:
- Uno, grazie
signora...
Ancora il sibilo,
il dolore che fulmineamente risale lungo il braccio...
- Due, grazie
signora...
- Tre, grazie
signora...
- Quattro, grazie
signora...
- Cinque, grazie
signora...
E poi ancora,
ancora. La signora alterna le bacchettate sulla mano destra e sulla sinistra.
Ormai le lacrime sgorgano senza freno, ma riesco a tenere le mani tese verso la
bacchetta che colpisce senza pietà. Riesco infine a mormorare:
- Trenta, grazie
signora.
- Brava, vedo che
sei sempre coraggiosa... da adesso, ogni volta che la tua mano si allungherà
verso un dolce ricorderai quanto brucia la bacchetta!
- Si signora,
penso proprio che la punizione sarà utile.
Sorride
lievemente:
- Adesso ti
preparo un caffè e ti rimetti in sesto, non vorrai uscire con gli occhi rossi.
- Grazie,
signora...
Non resisto alla
tentazione di prenderle la mano destra e baciarla. E comincio a pensare al
prossimo appuntamento... fra un mese.
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