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giovedì 20 febbraio 2014

Racconto: "La contessa du Beaulac sculacciata dal marito"

Marianne e la suocera,  contessa Henriette du Beaulac, stanno conversando nel piccolo, delizioso giardino della loro residenza.
Madame du Beaulac rievoca la figura del marito:
- Era un bell'ufficiale, cavalcava magnificamente, aveva un aspetto solenne, autorevole; me n'ero innamorata a  diciotto anni, poi era stato trasferito lontano, in Oriente, e non ci eravamo rivisti per quattro anni. Appena tornato, ci sposammo... ah che felicità quel giorno!
- Purtroppo la vostra felicità durò poco...
- Eh si - lo sguardo della contessa si perde nei ricordi - solo tre anni, poi dovette andare in guerra e... non tornò più...
- Qual è il ricordo più intenso che avete?
- Beh, ti sembrerà strano ma quando penso a lui mi ritorna alla mente... una punizione; si, una volta, forse l'unica, che fui disobbediente e dovette punirmi...
- Raccontatemi!
- Alla fine di una cena alla quale eravamo stati invitati, gli uomini si misero a discutere sulle virtù di due vini, il Porto e un vino italiano, mi pare ... Marsale o Marsala; la discussione si fece animata e qualcuno, per scherzo,  propose che il giudizio venisse affidato alle mogli; mio marito era assolutamente contrario al fatto che le donne bevessero alcoolici, ma in qual clima, fra scherzi e risate, non si oppose; io devo confessare che un po' per l'eccitazione del momento, un po' per provocazione verso l'atteggiamento austero di mio marito, esagerai con i bicchierini. Lui non diceva nulla ma mi guardava molto severamente. Quando arrivammo a casa mi accorsi che era molto adirato, ma sperai con con una bella dormita tutto sarebbe stato dimenticato...
- E non fu così?
- No, non fu così. Quando, giunta la mattina, mi svegliai vidi subito la sua espressione cupa: mi annunciò che doveva punirmi per il mio comportamento sconsiderato della sera precedente. 
Io rimasi senza parole. Ero impaurita ma sentivo anche una sorta di eccitazione, di emozione, di curiosità... 
Devo dire che la mia fiducia verso mio marito era totale ed ero sicura che qualunque cosa facesse era rivolta al mio bene. 
Egli si allontanò e poco tornò con una corta frusta formata da una corta treccia di pelle fissata ad un'impugnatura di legno intagliato.
- E' un ricordo dei miei viaggi in Oriente - mi disse - non pensavo di doverla usare...
- Fate quel che ritenete giusto - gli risposi.
- E poi che cosa successe?
- Mi guidò verso una poltroncina dai braccioli imbottiti, slacciò le spalline della mia camicia da notte e la fece scivolare ai miei piedi. Mi fece appoggiare ai braccioli e mi disse una frase che non dimenticherò mai: 
- Henriette, siete un'aristocratica, sappiate affrontare con dignità le conseguenze dei vostri comportamenti. 
- Sono pronta - risposi.
Egli alzò la frusta e iniziò a colpirmi; per essere sincera, sono convinta che usò una forza minore di quanto avrebbe potuto... io a poco a poco sentivo crescere dentro di me una specie di eccitazione, di euforia: la paura era passata ed ero contenta di riuscire a sopportare la punizione senza un gemito, anzi, dopo alcune frustate  mi resi conto che mi stavo inarcando verso la frusta, che mi colpiva con regolarità. A quel punto, obbedendo a un impulso istintivo, feci scivolare ai miei piedi le culottes per offrire le mie natiche senza alcuna protezione.
- Quanti furono i colpi?
- Non li contai, ma furono numerosi. Ricordo, però, che fui quasi delusa quando cessarono.
- Che cosa disse vostro marito?
- Mi abbracciò. Baciò i miei occhi pieni di lacrime, la mia bocca... era certo più emozionato di me.
- Fu quella l'unica punizione che subiste?
- Beh, in verità, ci fu anche un'altra situazione, ma... mi vergogno un po' a parlarne...
- Vi prego, ditemi
- Ti ho detto che ero molto giovane e commisi una sciocchezza, di fronte alla quale mio marito si adirò...
- Raccontatemi!
- Ecco, successe che con un movimento inopportuno avevo urtato un vaso di cristallo che stava sul ripiano del caminetto in salotto: il vaso era caduto e si era rotto. Scioccamente pensai che mio marito non se ne sarebbe accorto e nascosi subito i cocci. Invece la sera stessa lui mi chiese dove fosse finito quel vaso e io, senza pensare troppo, diedi la colpa alla cameriera che la mattina faceva le pulizie. Mio marito obbiettò che la mattina il vaso era ancora lì, io arrossii, scoppiai a piangere e confessai la mia colpa. Mio marito mi sgridò violentemente poiché avevo mentito e per di più avevo accusato una persona innocente. Io speravo che la cosa finisse così...
- E invece?
- Pochi minuti dopo tornò con il frustino che usava per l'equitazione, mi ordinò di porgere le nani ben tese, una accanto all'altra, e mi colpì severamente sulle mani...
- Vi fece molto male?
- Si ma soprattutto mi umiliò... gli chiesi di perdonarmi e ancora una volta lui si dimostrò più emozionato di me. 
Gli occhi di Henriette du Beaulac sono lucidi, Marianne tace. 
Una lieve brezza proviene dalla Senna. Marianne e la contessa, ognuna persa nei suoi pensieri, rientrano in casa.

1 commento:

  1. bellissimo, troppo breve: l'ho riletto più volte a distanza di tempo e lo trovo sempre eccitante, anche se (o forse proprio perché) così elegantemente "trattenuto" sugli aspetti più osé... ;)

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