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mercoledì 4 maggio 2011

Pagina di diario: "Una sensuale sculacciata per Louise"


Ormai è un rito che subisco senza possibilità di ribellione. Ogni volta che mia madre. mia sorella, mia cugina o una qualunque mia amica incontrano Jean-Luc, l'uomo che ho sposato tre anni fa, mi bisbigliano al momento del congedo frasi come: 
- Quanto sei fortunata! Quanto ti invidio! Stai attenta. non lo perdere!
Si, certo, Jean-Luc è bello, simpatico, generoso, sportivo. Ha un impiego che fornisce buon reddito e prestigio, non fuma, non gioca, beve poco e sceglie sempre vini di eccellente qualità. E’ sempre informato sui fatti del mondo e sa esprimere giudizi acuti e spiritosi. E’ fedele e affettuoso, non dimentica mai un compleanno, un anniversario, un onomastico e sceglie regali sempre adeguati alla circostanza. E’ ossessionato dalla puntualità.
Stiamo andando in auto a casa di mia sorella, che ci ha invitati a cena. Chiedo a Jean-Luc di passare per la Madeleine. Jean-Luc si ferma nella piazza, mentre io, a piedi, vado verso una boutique del Boulevard des Capucines: so che per tutta la settimana sarò impegnata a tempo pieno, e non voglio lasciarmi scappare dei  leggeri, eleganti sandali che ho visto in vetrina. 


Passa sul marciapiede un mio collega, un tipo sfrontato e stravagante.
- Anche tu a far spese? – mi dice.
- Si anch'io - rispondo seccamente.
- Beata te, che hai ancora qualche cosa da spendere alla fine del mese, io ho il conto asciutto da una settimana, vado avanti solo grazie alla carta di credito.
Fra una battuta e l’altra mi offre un aperitivo, poi racconta con toni ironici la sua ultima avventura, commenta sarcasticamente gli ultimi insuccessi amorosi del capoufficio, imita spassosamente il tono sussiegoso della contabile.   Non posso evitare di rimanere ad ascoltarlo, affascinata dalla sua vivacità e dalla sua, almeno apparente, spensieratezza. Invece dei venti minuti previsti passa più di un'ora. Raggiungo Jean-Luc. Lo vedo seccato.
- Scusami - balbetto - ho incontrato Claude e mi ha raccontato un mucchio di cose senza senso.
- Sai che non mi piace arrivare in ritardo quando siamo invitati, e abbiamo ancora quasi un'ora di strada.
Pare che questa sia la sua unica preoccupazione.
Ovviamente Jean-Luc guida benissimo e conosce strade e stradine che consentono di evitare code e ingorghi.
La serata è mortalmente noiosa, come sempre.
Sulla strada del ritorno il motore ronza tranquillo, lentamente mi rilasso, mi addormento...

Eccoci a casa. Jean-Luc si siede, come è sua abitudine, sul divano di pelle, nel comodo angolo formato dallo schienale e dal bracciolo sinistro. Mi fissa.  Mi sento a disagio, per allontanare la tensione gli chiedo in modo scherzoso:
- Che c'è, mi sono cresciute le antenne?
Jean-Luc risponde seccamente.
- Dunque che cosa ti raccontava il tuo amico?
- Non è mio amico, e comunque diceva delle stupidaggini.
- Stupidaggini, ma evidentemente ti interessavano molto: il fascino di Claude ha colpito ancora?
Non so che cosa dire. Ha ragione. Ed è la prima volta da quando siamo sposati che si mostra geloso. Mi accorgo di ansimare lievemente. Mi trova su un terreno del tutto inesplorato. Cerco di rabbonirlo:
- Scusami, sono stata sciocca, ma quello è talmente appiccicoso, non sono riuscita a scrollarmelo di dosso.
- Non sei riuscita perchè non hai neanche provato.
- Come fai a saperlo?
- Quando tu vuoi qualche cosa la ottieni.
- Va bene, non ci ho provato, e allora che cosa devo fare, devo suicidami?
- Intanto smetti di fare la spiritosa.
Mi siedo accanto a lui; è rigido, il suo sguardo è severo. Mi si appoggio alla sua spalla; in quel momento la sua durezza mi attrae molto più dei soliti atteggiamenti ragionevoli e tolleranti. 

Mi lascio scivolare lentamente, appoggio il viso sul bracciolo dal divano, mi distendo a pancia in giù. Prima di parlare esito a lungo. Non ho mai osato tanto. Poi mormoro:

- E allora, se pensi che la cosa sia cosi grave, puniscimi.
- E' proprio quello che ho intenzione di fare.
Il mio stomaco è pieno di farfalle cha si agitano furiosamente. La voce di Jean-Luc è gelida come mai l'avevo sentita:
- Scopriti.
Mi sollevo un poco, tremando. La leggera gonna nera scivola facilmente verso le ginocchia, seguita dalle mutandine. La sensazione di fresco sulle natiche mi ricorda le sculacciate di mia madre, molto rare per fortuna.
Esce dalla stanza. Sono  colta da un dubbio: che sia andato a cercare il suo vecchio frustino da equitazione?

Il dubbio è risolto.
Jean-Luc ritorna, nella sua mano il frustino, che picchietta leggermente sul palmo della'altra mano.
- Non ti sembra di esagerare?
La voce di Jean-Luc mi gela:
- Questo lo decido io.
Sono paralizzata, non oso ribattere. E poi, sento nascere una sorta di oscuro desiderio, che si agita in fondo alla mia anima.
Un sibilo, un dolore lancinante. Di colpo le lacrime inondano il mio viso. Qualche secondo di tensione, poi il frustino sibila ancora. Per dodici volta sibila. Dodici colpi sulle mie natiche in fiamme, dodici sussulti fra le lacrime. Poi Jean-Luc accarezza il mio fondoschiena segnato dai lividi.
I nostri volti si avvicinano: un bacio, un bacio violento, appassionato, febbrile, delirante, In un attimo siamo nudi, allacciati. Il mio ventre lo accoglie urlando di piacere, come mai  era accaduto.

- Che c’è, non ti senti bene?
- Eh, come? Oh, mi ero addormentata.
Mi guardo intorno per orientarmi: siamo quasi a Neuilly.
La voce di Jean-Luc è quella di sempre serena e suadente:
- Scusa se ti ho svegliata, ma ti stavi agitando, gemevi.
- Si, si, stavo facendo un sogno: un sogno stranissimo, molto coinvolgente.
Con il suo solito tono sentenzioso Jean-Luc commenta:
- Sarà la panna che si agita nel tuo stomaco; tua sorella è un’ottima cuoca, ma con i lipidi ci va un po’ pesante.
- Si è vero; ti dispiace fermarti?
- Allora stai male.
- No, no, passo dietro, mi distendo un attimo, sono stanchissima.
- Hai ragione, tesoro, è stata una giornata davvero pesante.
Non sopporto di stare seduta accanto a lui, non sopporto la sua voce premurosa, il suo tono suadente.
Mi raggomitolo sul sedile posteriore. Lascio che le lacrime gonfino i miei occhi e colino silenziosamente sulle guance.


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