Marianne du Beaulac non si è mai sentita tanto sola. Sta contravvenendo ad una
regola mai espressa esplicitamente ma di fatto sempre rigorosamente
rispettata da quando, sposandosi, è entrata nella famiglia dominata
dalla suocera Madame du Beaulac: mai assumersi responsabilità, mai
prendere decisioni in modo autonomo. Eppure non può fare
diversamente. In questa circostanza, le sue azioni non possono essere
condivise con nessuno, neppure con il suo confessore. Per evitare di
essere riconosciuta si è vestita in modo anonimo, ha usato una
carrozza di piazza, ha coperto il suo volto con una veletta nera.
I suoi passi risuonano sul marmo che pavimenta l'atrio del palazzo
ottocentesco. Passa sotto gli occhi della vecchia custode, svolta a
destra e imbocca la scala fiancheggiata da ringhiere in ferro battuto
abbellite da lucidi corrimano in legno. Primo piano. Si ferma di
fronte ad una porta di legno scuro, di fianco alla quale riluce una
targa di ottone, su cui spiccano parole incise in corsivo da un bravo
artigiano: CONGREGAZIONE DELLE VIRTU' E DELLE ARTI. Esita un attimo, poi tira timidamente la cordicella che sbuca
dallo stipite, e sente il tintinnio di un campanello. Pochi istanti
di attesa. La porta viene aperta da un'esile ragazza bruna di
circa venticinque anni, poco più alta di Marianne. E' vestita con
una camicetta di seta ricamata e una lunga gonna aderente. - Benvenuta, penitente Marianne, la attendevamo, si accomodi nel salottino. Marianne entra insieme alla ragazza in una piccola stanza: al centro un tavolino intarsiato, intorno due poltroncine e un divano ricoperti di raso azzurro; sul pavimento c'è uno splendido tappeto, alle pareti sono appesi quadri di ispirazione religiosa e uno specchio con una cornice di legno dorato. Le due donne si siedono sul divano, una accanto all'altra. La ragazza parla con calma, a voce bassa: - Sono Beatrice e sono incaricata di assisterla; vedo che è un po' emozionata ... - Non ho mai fatto questa esperienza. - Non deve preoccuparsi: si ricordi che in qualunque momento lei è libera di rinunciare; e poi, io sarò accanto a lei. Il sorriso di Beatrice è dolce, e delicata è la carezza con cui la sua mano sfiora la guancia di Marianne. - Fra poco verrò a chiamarla; deve togliersi le calzature: nella sala dei giudizi le penitenti possono entrare solo a piedi nudi; percorrerà la guida rossa e giungerà di fronte alle poltrone della corte, dove si inginocchierà; intorno a lei saranno sedute le socie emerite della congregazione; adesso vado a predere una tunica per lei. Beatrice esce silenziosamente. Marianne ripensa per l'ennesima volta alle indicazioni che le sono state date quando ha chiesto di essere giudicata: "Nella sala dei giudizi la penitente indosserà una tunica grigia in segno di umiltà, i suoi capelli saranno corti o raccolti sulla nuca; non porterà monili di alcun genere". Meccanicamente, Marianne continua a toccarsi i capelli, a controllare che tutto sia in ordine. Si guarda attentamente allo specchio: i suoi occhi sono scuri e lucidi per l'emozione e risaltano sul volto pallido. Si sfila le calzature e gode del contatto con il morbido tappeto. Passano alcuni, lunghissimi, minuti. Si apre la porta, entra Beatrice. Aiuta Marianne a sfilarsi gli indumenti e riveste il suo corpo nudo con una tunica di tessuto ruvido, caratterizzata dietro da una fenditura che parte dalla vita e giunge fino al fondo. Con il cuore che batte forte, Marianne esce dal salottino, percorre un breve tratto di corridoio ed apre la porta che Beatrice le indica. Si trova in una sala al centro della quale, su poltrone e divani disposti a semicerchio, sono sedute numerose persone che stanno chiacchierando a bassa voce. Tutti gli occhi si rivolgono verso di lei, che avanza su un sottile tappeto fino a trovarsi di fronte a tre solenni scranni di legno dorato. Su quello di centro è seduta una donna di circa cinquant'anni, magra, occhi azzurri, che la fissa con attenzione. Marianne si inginocchia, come le è stato detto, su un cuscino di velluto rosso. La donna le parla con voce fredda: - Qual è la sua età? - Ho da poco compiuto ventisei anni. - E' stata lei a chiedere di essere giudicata? - Si. - Ha preso questa decisione in assoluta libertà? - Si, l'ho presa senza subire alcun condizionamento. La presidente sfoglia alcuna schede contenute in una cartellina di pelle, poi, a voce alta: - Chiamo a far parte della corte il giudice Clelia e il giudice Marilde. Le persone chiamate si siedono sulle poltrone ai lati della presidente. La prima è una donna sulla quarantina, bionda, elegantemente acconciata; il suo volto sarebbe bello, se una permanente smorfia di disgusto non stirasse i lati della bocca verso il basso. La seconda è una donna anziana dall'aria severa, che si muove con una certa rigidezza; indossa un vestito nero. La presidente prosegue nell'interrogare Marianne: - Qual è la colpa di cui lei si accusa? - Aver tradito la fiducia dell'uomo che ho sposato. - In che modo? - Durante una lunga assenza di mio marito, che trascorre lunghi periodi in Normandia dedicandosi al suo passatempo preferito, la caccia, ho per caso conosciuto un uomo molto attraente. - Non c'è stato altro? - Ci siamo baciati. - Con passione? - Si, con grande passione. - C'è stato un maggior contatto fisico? - Non ho osato. - Ha incontrato ancora quell'uomo? - Non ho potuto: la madre di mio marito, Madame Henriette du Beaulac, vigila costantemente sui miei comportamenti. - Continua a desiderare di incontrarlo? - Si lo desidero, anche se so che non sarà possibile. - Penitente Marianne, lei sa che questa corte considera i desideri come equivalenti a comportamenti concreti? - Si lo so, ed è per questo che ho chiesto di essere giudicata. Interviene il giudice Clelia, rivelando una voce sgradevolmente stridula: - Quell'uomo è forse più giovane di lei? - No, è di tre anni maggiore rispetto a me. - Quando ha tentato di sedurre quest'uomo a che cosa mirava? Marianne, stupita, esita a lungo prima di rispondere: - Non miravo a nulla, desideravo solo conoscere meglio un uomo affascinante.
- Sotto l'eleganza dei suoi discorsi lei cerca semplicemente di celare la sua immonda libidine! Interviene seccamente la presidente: - Mi sembra che la penitente abbia riconosciuto in modo più che sufficiente la sua mancanza e non ci sia bisogno di ulteriori indagini; informo la penitente che questa corte punisce il tradimento della parola data con un certo numero di staffilate sulle natiche; le concediamo, vista la spontaneità della sua confessione, di essere lei stessa a proporre la pena. Marianne ha la sensazione che la sua mente si sia improvvisamente svuotata. Non si aspettava una conclusione così repentina. Tace a lungo, poi, percependo l'impazienza di coloro che la circondano, balbetta: - Io penso di meritare, forse, dieci colpi, si, dieci colpi. - Non ha null'altro da dichiarare? - No, non ho altro da dire. Inizia una discussione sottovoce. Il giudice Clelia e il giudice Marilde sostengono con energia la loro posizione, mentre la presidente scuote il capo. Infine, con un secco gesto della mano, la presidente tronca il dibattito e, in un silenzio profondo, annuncia la sentenza: - Deliberiamo che la penitente sia punita, per aver tradito la parola data, con dodici colpi sulle natiche nude; deliberiamo inoltre che sia punita con dieci colpi per aver offeso la corte proponendo una pena eccessivamente bassa rispetto alla gravità della sua colpa. La pena ammonta dunque a ventidue staffilate. Marianne ha un attimo di vertigine. Si riscuote quando Beatrice, che è al suo fianco, pone una mano sulla sua spalla e la carezza dolcemente. La presidente prosegue: - La invitiamo inoltre a scegliere il giudice al quale affidare l'esecuzione della sentenza. Il giudice Clelia la fissa respirando affannosamente. Marianne esita un attimo, poi: - Chiedo di essere punita dal giudice Clelia. - La richiesta della penitente è accolta; valletta, provveda a tutti gli adempimenti. Beatrice porge una mano a Marianne, la aiuta ad alzarsi, e la guida verso una poltrona con braccioli imbottiti. - Si appoggi ai braccioli, non si lamenti ad alta voce e non tenti di sottrarsi ai colpi perché potrebbe essere accusata di oltraggio alla corte. Il corpo di Marianne si piega in avanti: la fenditura della tunica si apre e le natiche nude sono completamente esposte. Beatrice, che si è silenziosamente allontanata, torna reggendo un vassoio d'argento sul quale giace una frusta formata da tre sottili corregge di morbida pelle, lunghe una quarantina di centimetri, fissate ad un corto manico di legno intagliato. Clelia la impugna, ponendosi alla sinistra di Marianne. Beatrice dichiara ad alta voce: - La penitente è pronta a ricevere la punizione. Ad un cenno della presidente, Clelia alza la frusta e, dopo un istante di esitazione, la abbatte con forza sui glutei di Marianne che sussulta e non può trattenere un gemito. Per consolidare la propria posizione, Marianne allarga lievemente i piedi e si inarca all'indietro. - La penitente è pronta per il secondo colpo. La treccia di pelle sibila, colpisce con uno schiocco sordo. Marianne respira lungamente e ancora offre le natiche. - La penitente è pronta per il terzo colpo. La terza staffilata è più severa: le mani di Marianne si contraggono sui braccioli. Clelia se ne accorge e un vago sorriso appare sulle sue labbra. - La penitente è pronta per il quarto colpo. Marianne trattiene il fiato, per un attimo le natiche si infuocano mentre la frusta le colpisce. La punizione prosegue lentamente. Clelia lascia passare qualche secondo fra una frustata e l'altra, in modo che Marianne possa soffrire di ogni singolo colpo. Mentre le frustate si susseguono, lente lacrime cominciano a colare dagli occhi di Marianne che però non si lamenta, anzi si inarca all'indietro, si tende con sempre maggior decisione verso Clelia, quasi a sfidarla. - La penitente è pronta per l'ultimo colpo. Sibila l'ultima staffilata. Beatrice, che è sempre stata accanto a Marianne, mormora: - E' stata bravissima. Marianne si rialza lentamente, rivolge il volto rigato di lacrime verso la presidente, che dichiara: - Mi congratulo con la signora Marianne per aver superato le difficili prove dall'autoaccusa e della penitenza; esprimo la mia riprovazione nei confronti del giudice Clelia, che ha manifestato nei suoi confronti una violenta e immotivata ostilità: le ordino di manifestare pubblicamente il suo pentimento prostrandosi di fronte alla penitente e baciando i suoi piedi. Clelia rimane paralizzata per lunghi secondi. Poi nel silenzio generale si avvicina a Marianne, si inginocchia e poggia le labbra sui suoi piedi, prima il sinistro poi il destro. La presidente fa un cenno di assenso: - La valletta Angelica introdurrà fra pochi minuti la prossima penitente. Accompagnata da Beatrice, Marianne attraversa a testa alta la sala e ritorna nel salottino. Beatrice estrae da un armadietto intarsiato un barattolo di vetro smerigliato: - Si volti, in modo che possa massaggiarla con questa crema. La tunica di Marianne scivola al suolo. Beatrice fa scorrere delicatamente la mano sulle natiche striate dai segni violacei delle frustate. Marianne sospira per il piacere, e non si stupisce quando le dita della ragazza si avvicinano al sesso, aggirano il clitoride, vi ritornano, lo sfiorano sapientemente. Marianne si adagia su una poltroncina imbottita: la tensione di pochi istanti prima si scioglie in una infinita voglia d'amore. Beatrice si inginocchia davanti a lei, bacia il suo ventre, lecca i suoi capezzoli che palpitano e si induriscono, per poi ridiscendere verso il pube profumato di mirto. Marianne divarica le gambe e la lingua di Beatrice stimola il clitoride, lo fa inturgidire, lo solletica. La lingua di Beatrice si insinua con sempre maggior decisione. Violente ondate di piacere risalgono la spina dorsale di Marianne, scuotono il suo corpo. Marianne prende fra le mani il volto di Beatrice, bacia i suoi occhi, le sue labbra: le lingue si incontrano, si inseguono, si sfiorano. - Ora - mormora Marianne - dovrai accusarti di avermi sedotta. - Non voglio il giudizio della corte, voglio essere punita da te, subito - risponde Beatrice. La gonna della ragazza scivola al suolo e insieme ad essa le mutandine. Beatrice si adagia sulle ginocchia di Marianne. Una, due, dieci volte la mano aperta di Marianne colpisce sonoramente le natiche di Beatrice: la ragazza si lamenta dolcemente mentre un eccitante calore si diffonde al suo basso ventre...