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mercoledì 22 febbraio 2017

puniscimi con la bacchetta

ebbene si frustami
sono colpevole
ho sognato di tradirti
cerca la bacchetta
quella sottile 
flessibile
che sibila crudelmente
che segna la pelle
senti i miei gemiti
non chiederò pietà
non la merito
sussulto  ansimo
le lacrime rigano
il mio viso
mi abbracci
entri in me
basta con i sogni
sussulto di piacere
...

sabato 4 febbraio 2017

amore, dolore, piacere... frustata da lei ... amata da lei


Il treno sta entrando in Parigi. Fra pochi minuti saremo alla Gare de Lyon. Molti viaggiatori cominciano ad agitarsi, a raccogliere i bagagli. Fra poco vedrò il volto severo di Danielle. Sarà furibonda. Durante la vacanza a Nizza non ho risposto alle sue telefonate, le ho solo mandato un sms per avvertirla del mio ritorno. D'altra parte, le avevo detto chiaramente che intendevo per qualche giorno staccarmi totalmente dalla routine quotidiana.

Amo vederla adirata. Mi piace sentire la sua voce  che dichiara:
- Ti sei guadagnata una bella correzione.
Mi piace essere punita da lei. Rifletto un attimo sull'espressione "tu as droit" - hai diritto - che i francesi usano per dire "ti meriti” o “hai guadagnato”. Queste parole mi fanno correre un lieve brivido per la schiena. "Hai diritto": vuol dire che  sei tu a dover esigere ciò che ti spetta? Si può "avere diritto" a una punizione o si deve cercare ogni mezzo per sfuggirla?

La gente comincia a scendere. Seguo lentamente la fila. Ecco Danielle, sul marciapiede. 

Mi avvicino. 
Mi fissa gelida. 
Per un attimo temo che abbia intenzione di schiaffeggiarmi davanti a tutti. Resisto alla tentazione di ripararmi, anzi, metto le mani dietro la schiena, offro il mio viso.
Mi guarda negli occhi. Sostengo il suo sguardo. Il mio stomaco è pieno di farfalle che si agitano pazzamente. Presto le mie natiche saranno infuocate, ma quanto saranno dolci le sue carezze dopo la punizione!

- Arrivi finalmente, non ti sei mai fatta sentire!
Rispondo seccamente, con tono insolente:
- Devo ripeterti che avevo bisogno di qualche giorno di relax totale?
- E questi pantaloni trasparenti? Vuoi  che tutta Parigi apprezzi il tuo perizoma?
- In mezzo a tanti vecchi monumenti, qualcosa di stimolante ci sta bene!
- Sai benissimo di che cosa hai bisogno!
- No, dimmelo tu!
- Di una bella lezione, visto che hai dimenticato tutto quello che ti ho insegnato
- Eh si ho la memoria corta, o tu non insegni con sufficiente energia...
Mi fissa per un lungo attimo.
- E' il caso che andiamo fare un piccolo acquisto.

Saliamo su un taxi. Danielle dà all'autista un indirizzo di Avenue Montaigne. Ci fermiamo di fronte ad una delle tante lussuose boutique della zona. Entriamo. 

Una signora di mezza età ci viene incontro, saluta affabilmente Danielle. Dopo qualche convenevole. Danielle mormora qualcosa, colgo una parola che mi preoccupa: martinet. La signora ci accompagna verso un piccolo espositore di  di legno, simile a quelli che si usano per le collezioni di piccoli oggetti, poco visibile in mezzo ai tanti e colorati articoli di lingerie. Vi si trovano una decina di staffili: belle impugnature eleganti, di legno intagliato, che reggono sottili corregge di pelle nera, lunghe una trentina di centimetri.
La signora si avvicina, sorridendo:
- Vuol vedere meglio?
Esito, mi rivolgo verso Danielle, interrogandola con lo sguardo.
- Scegli tu - lei risponde - il problema riguarda te.
La signora, che ha compreso al volo la situazione, apre la vetrinetta e mi spiega:
- Questi sono modelli molto eleganti ma poco efficaci, vede, le impugnature riprendono motivi settecenteschi, il periodo in cui questo strumento era utilizzato sia per la disciplina famigliare, sia nelle istituzioni pubbliche; si tratta di oggetti molto decorativi; questo invece è il più severo,  ci sono sette corregge di cuoio piuttosto rigide: è anche quello che ha un prezzo più ragionevole...
- Vedo che lei se ne intende.
- Beh, è una vecchia passione...

Ovviamente scelgo il moello più severo.

Danielle dà al taxista l'indirizzo del mio  piccolo appartamento.
- Per questa sera è meglio che ti riposi - dice la sua voce severa - vediamoci domani, avremo modo di fare i conti.




La luce del sole, filtrata dalle fronde dei vecchi alberi che abitano di fronte a casa mia, annuncia una bella giornata. La notte è stata tranquilla, il sonno mi ha ristorata. Mi guardo dentro: desiderio e ansia sono presenti nella stessa misura. 

Lascio scorrere lungamente l'acqua della doccia. Morbide pantofole di spugna, accappatoio. Godo del profumo di timo che la pelle ha assorbito dal bagnoschiuma. Mi occupo dei capelli, poi delle unghie delle mani e dei piedi: le limo per mantenere una forma regolare ma non le accorcio. Danielle detesta le unghie troppo corte. E' il momento dello smalto: lo scelgo leggermente perlato, chiarissimo... ma un diavoletto si fa sentire nella mia mente:
- Questo è quello che piace a Danielle, ma tu falla arrabbiare: metti un rosso fuoco clamoroso.
- Già, ma sai quanto è severa, già ieri sera era furibonda...
- Sai quanto sono piacevoli le sue carezze sulle tue natiche in fiamme, sai quanto diventa sensuale dopo che ti ha sculacciata...


La decisione è presa: rosso fuoco. Recupero una boccetta di smalto usato pochissimo e lo stende con grande cura sulle unghie di mani e piedi, poi mi distendo, aspettando che lo smalto asciughi perfettamente.

La giornata scorre
tranquillamente fra le solite piccole incombenze del sabato. Il sole comincia ad abbassarsi sui tetti delle case. Metto un velo di gloss e pochissimo ombretto. Le gambe sono perfettamente depilate e l'abbronzatura le mette in valore. Abbandono i sandali che usavo a Nizza e scelgo delle belle decolleté tacco 8 a punta aperta: mi piace che si intraveda il brillare dello smalto sulle unghie dei piedi.
Prendo dall'armadio il tailleur di lino blu screziato di beige. Esito un attimo e poi, prima di indossare la  giacca, mi sfilo il reggiseno. I miei  capezzoli  fremono al contatto con la fodera di tessuto finissimo e scivoloso, mentre un brivido parte dalla nuca e mi giunge al ventre.
Metto nella borsa il pacchetto elegantemente confezionato con lo staffile acquistato ieri.
Da Danielle vado a piedi: voglio arrivare serena, avvicinarmi passo passo. Qualche foglia sta cominciando a cadere ma l'aria ha ancora il calore dell'estate. Mi siedo su una delle vecchie panchine di Place des Vosges: ho sempre amato quel giardino ombroso e ben curato, frequentato da anziane signore e dai loro cagnolini, con la fontana che produce intorno a sé una zona di aria fresca e limpida.
Sorveglio l'orologio. Voglio arrivare con lieve ritardo. Danielle è ossessionata dalla puntualità. Voglio punzecchiarla, suscitare la sua severità, sentire la sua voce adirata, essere costretta a scoprirmi, contare ad alta voce le frustate che fanno esplodere ondate di calore...
Si sta così bene qui... il mormorare della fontana, le voci delle persone che chiacchierano tranquillamente, il fruscio delle foglie lievemente agitate dalla brezza.
Adesso devo proprio andare!
Ecco la palazzina in cui abita Danielle. La facciata è quasi nascosta dalle foglie di due grandi e vecchie magnolie.
Compongo il numero del suo appartamento. La serratura elettrica scatta. L'androne odora di cera. La scala dai vecchi gradini di marmo, consumati da decenni di passi, è fiancheggiata da una bellissima ringhiera di ferro battuto. Danielle ha già aperto la porta di casa. Ansimo per l’emozione. Un abbraccio forte, appassionato. Le nostre labbra si cercano, si trovano, ma subito Danielle si stacca, la sua voce è fredda:
- Ti sto aspettando da venti minuti.
L'emozione fa volteggiare farfalle nel mio stomaco, ma riesco a mantenere un tono provocatorio:
- Mi sono fermata in Place des Vosges ... si stava così bene!
- E queste unghie? Vuoi forse far concorrenza a qualche rombière?
- A me piacciono.
Danielle mi fissa. Le mie provocazioni la eccitano. le sue mani perfettamente curate sbottonano lentamente la mia giacca, ne aprono i lembi, mettendo a nudo il seno. Il dito di Danielle percorre un itinerario a spirale sulla mia pelle. I miei capezzoli si irrigidiscono fieramente. Danielle si china e li sfiora con le labbra ma si rialza proprio mentre mi sfugge un gemito e il mio corpo si inarca senza che io possa controllarlo.
- Stai diventando davvero sfrontata; dovrò essere severa.
La fisso negli occhi:
- Si, lo so.
Nel piccolo spogliatoio mi sfilo le scarpe, lascio la borsa e il tailleur. Infilo il kimono che mi ha regalato e che è diventata la mia elegante veste da camera. Mi muovo silenziosamente sulla morbida moquette.
Telemann in sottofondo. La cena è raffinata, come immaginavo. I nostri piedi nudi si sfiorano sotto il tavolo. I nostri occhi si incontrano, si sfuggono. Pensiamo tutte e due la stessa cosa, ed è così dolce far finta di nulla, giocherellare con piccole frasi banali, che servono solo a prolungare l'attesa. La musica si esaurisce con uno squillante accordo finale.
La tensione si fa, lentamente, tormentosa. Il desiderio di affrontare la prova. La consapevolezza di non poterla evitare. Il rinvio addolcito dalla musica.
E' giunto il momento. Dalla mia borsa prendo il pacchetto che contiene la frusta e glielo porgo. Il suo sguardo si addolcisce:
- Peccato che tu sia così indisciplinata.
- Ci sei tu per castigarmi...
Ieri sera, gironzolando  per i blog e i forum ho avuto conferma del fatto che  il martinet  è un condimento molto  diffuso nella vita amorosa dei parigini.


Vado in camera, mi avvicino al letto, sfilo il kimono, mi sdraio sulla coperta fittamente ricamata. Appeso al muro c'è un quadretto che da tanto tempo mi affascina: una foglia di loto sulla quale è dipinta una danzatrice colta in una posa particolarmente armoniosa ed equilibrata, con un dolce sorriso sul volto.
Un fruscio: Danielle sta aprendo il pacchetto.
Si avvicina.
Mi rigiro lentamente sul letto, sollevo un po' il bacino e faccio scivolare le mutandine verso le ginocchia.  Ansimo per la sensazione di fresco sulle mie natiche scoperte che mi preannuncia l'inizio della punizione.
Interminabili secondi di attesa.
La voce di Danielle è un mormorio sensuale:
- Sei pronta?
- Si...
L'attesa di pochi  secondi mi pare interminabile. La frusta sibila... un'ondata di calore mi invade.
Sussulto, per un attimo mi manca il fiato, poi mi ricordo la regola. Mormoro:
- Uno... grazie.
Un secondo colpo, più secco.
- Due... grazie.
- Tre... grazie.
I colpi si susseguono. 

Il martinet sibila venti volte. 
Venti sussulti che mi fanno fremere di desiderio.
Le mie natiche sono roventi. Ansimo, gemo. Danielle le carezza, dolcemente, leggermente, poi le sue dita sapienti si spostano verso la mia vagina palpitante.
Quando i nostri corpi nudi si allacciano, si avvinghiano, il dolore non esiste più, esistono solo più brividi di piacere.